Bravo Milan, ma ora respira

di Gianni Brera

Con un aggettivo desueto - "discaro" - il Maestro non manca di ribadire le sue inveterate convinzioni ideologiche nemmeno di fronte allo sconquasso portato al campionato e al calcio italiano dal Milan di Sacchi, che si rivela al mondo nei primi giorni del 1988. Riemergono anche le vecchie passioni della gioventù, la boxe, per spiegare che il Napoli ha sì perso, ma non ha finito la sua corsa. Del Milan continuano a non convincere Brera gli "estri dinamici", e "l'ottimo Arrigo Sacchi viene da me scongiurato di ridurre al minimo le profusioni dei suoi (cioè la fatica, lo sciupio) ...".

Capita spesso, parlando calcio, di ricorrere alle metafore del pugilato: eppure è difficile far concordare i due sport. Adduco un esempio immediato. Per il Napoli goleato a San Siro, parleremo di knock out o di knock down? Si dice knocked out il pugile che rimane steso oltre il conto massimo (10); si dice knocked down il pugile messo giù per meno del conto massimo, quindi in grado di rialzarsi e tornar a combattere. Seguendo i miei sentimenti all'inizio dell'incontro, io debbo dire che il Napoli è stato solo knocked down. Parleremo di knock out quando sarà evidente che ha perso lo scudetto. Per il momento, la squadra campione d'Italia è a più 2 in media inglese, contro il meno 1 del Milan e il meno 2 della Samp che lo inseguono. Dunque la sua caduta di San Siro non pone fine all'incontro. Semmai giova ad animarlo ancor più. Ho detto dei miei sentimenti all'inizio di Milan-Napoli (per quasi un quarto d'ora) e qui li preciso. Per paradossale che sembri, il modulo del Napoli mi è piaciuto più di quello del Milan nei minuti di avvio.

Non per caso è passato primo il Napoli, con un gol così bello che il mio inconscio milanista si è subito aggrappato all'uncino del possibile fuori gioco di Careca (10'). Il Napoli era ben bloccato sulle equidistanze e reagiva con rilanci spesso precisi, veloci, perentori. Direi che ha fatto vedere il meglio finché non si è spenta l'autonomia dei due assi sudamericani. Allora il Napoli è andato insieme come il latte cagliato per il caldo (questa è l'espressione lombarda): e andare insieme significa confondersi, guastarsi.

Il Milan giocava un calcio molto olandese, a me discaro per vecchie convinzioni che oso sperare non superate. Profondeva energie in misura abnorme e quindi pericolosa. Non per altro ha sbagliato tanti gol. La goleada avrebbe potuto assumere proporzioni doppie. Virdis, che pare inamidato, ha sprecato due palle gol. Colombo e Filippetto Galli una per uno, una anche Gullit, incornando sul palo. Taccio di Evani e Ancelotti, impegnati in tiri velleitari da fuori. Via via che si entusiasmavano i miei cacciaviti, io ruminavo dentro il timore (che spero infondato) di veder rifulgere il gioco del Milan per sola virtù degli estri dinamici. A quel ritmo è impensabile che una squadra possa resistere a lungo, soprattutto connettere e brillare. Più facile che vi riesca il Napoli, bloccato com'è su equidistanze sagge e su cadenze più moderate. Questo non toglie che anche il ritmo tenuto dal Napoli fino al XIII fosse pericoloso e che il vantaggio fin troppo largo possa averlo illuso. Ora si aspetta che si rialzi dal knock down. La squadra campione non va riscoperta: va solo riportata a uno stadio di normalità psicofisica. A San Siro questa normalità era chimerica. E il truculento Milan di Sacchi l'ha posto in drammatica evidenza. Ciclone Gullit De Fusillis si è confermato il fenomeno di cui mi parlava da Amsterdam il pittore Perelli Cippo. Il pittore è interista e avrebbe voluto Gullit in nero-azzurro. Quando salì Cella a vederlo, De Fusillis aveva scommesso di non toccare palla... per favorire cinque consoci di pelle, militanti in una squadra vicina alla retrocessione!

Poi si è fatto avanti Capitan Berlusconi e Gullit si è vestito in rosso nero. Ora sappiamo tutti che è una forza della natura, non solo, ma anche uno capace di mirabile puntiglio. Goffi i napoletani che avevano irriso al suo titolo di Mister Europa. Gullit li ha smentiti senza ringhiare, con folgorante impegno. Ha servito due palle-gol da ala destra; ha incornato sul palo; ha uccellato Garella due volte (una a favore di Donadoni: ma non era attivo il suo fuori-gioco?), ha sparato da 30 metri un destro omicida su calcio franco. Ha galvanizzato i compagni fino a inciuccarli di corsa e di entusiasmo. Personalmente ho sofferto a vedersi spremere due stupendi ragazzi quali Colombo ed Evani. Passi per il piccoletto, finta ala, ma Colombo non può smarcarsi da punta e recuperare da mediano senza crepare. L'ottimo Arrigo Sacchi viene da me scongiurato di ridurre al minimo le profusioni dei suoi (cioè la fatica, lo sciupio). Più ragionevole è il ritmo più efficaci risultano gli schemi. Se grido "In alto le bandiere e i canti!", subito mi raccomando che il calcio non sia tutto podismo: dico il calcio del Milan: le bandiere del Milan, i canti in onore del vecchio Milan caro e grande.


"La Repubblica", 5 gennaio 1988