Il ragionier Ipsedixit

Nel turno europeo di coppa precedente la 6ª di campionato, il Milan perse clamorosamente a Lecce (campo neutro) contro l’Español [vedi]. Gianni Brera non perse l’occasione per manifestare i suoi dubbi sulla sicumera (ai suoi occhi) di Arrigo Sacchi. Silvio Berlusconi, alla vigilia di Verona-Milan, scese per l’ennesima volta dal cielo per difendere con fiducia la bontà della sua scelta …

Così Brera su "La Repubblica" del 23 ottobre 1987 [vedi]: “Un esame di coscienza appena plausibile impone di ammettere che la colpa è di noi tutti, non tanto per avere perpetrato, bensì per avere concesso. Vero infatti che il sospetto fu immediatissimo, per l'inopinata promozione d’un comandante di semplice maona alla guida d’un sontuoso transatlantico, ma anche più vero che contribuì ad ingannarci il carisma di capitan Berlusconi, nel quale si pregia di riconoscersi ogni lombardo bennato. Lui quasi sempre ci azzecca, e ammette per giunta che delle sue 5 attività 5, quella che rappresenta la punta emergente dell’iceberg è proprio il Milan, che è di gran lunga la minore. Spende miliardi a decine il capitano e alla mia amichevole preoccupazione se la ride: entrano tanti miliardi, per la sola pubblicità televisiva, che armare il Milan per le più seducenti crociere è una bazzecola. Contento te, capitan, contenti tutti. E vada per questo Arrigo di dantesco rimpianto. Ha nome brianzolo, Sacchi, ma la faccia è del visionario con occhi incantati e ribollenti muscoli mandibolari. Proclama che gli allenatori del 2000, in Italia, sono tre: ipse Arrigus, il sensazionale Maifredi dell’Ospitaletto, oggi al Bologna, e il tedesco boemo Zeman, nipote pallavolista di Vicpalek. Gli altri, futile zavorra: "Io non so di loro e loro non sanno brisa di me". Al vecchio giornalista, non solo studioso di calcio, ma con qualche certezza in materia di psicologia razziale e di moduli pedatòri, un messaggio mortificante: "Dì al tuo amico che noi non faremo mai gli uruguagi". Così pianta la sua casa sulle nuvole. Importa segnare un gol più degli avversari, secondo lui, non prenderne uno di meno. Pare un sofisma, e invece esprime atteggiamenti sicuri di fronte al modulo tattico. Il Milan sarebbe tale, in potenza, da far sporgere come un alto pinnacolo la punta dell’iceberg berlusconiano: ma senza fondamenta non può consistere casa. Gente come Baresi chiede di andarsene; altri non dicono ma soprattutto non fanno nulla. I tifosi invocano Capello, probo italianista. Lui, il ragionier Ipsedixit, rileva alla vigilia mollezza e distacco in tutti i suoi, come se li allenasse un altro, un procaccia o un geometra, non un ragioniere. Così l’amara Waterloo rivive a Lecce con un sospetto: che i milanisti abbiano giocato a perdere per liberarsi di lui. Non so se vi riusciranno prima di Verona. Però è possibile”.

Bruno Bernardi, inviato per “La Stampa” a Milanello, riportò il 25 ottobre 1987 [vedi] le certezze del presidente del Milan. “Sacchi non è sotto processo, non sarebbe serio porsi un simile problema per una gara storta anche se sono il primo a rammaricarmi e spero non si ripeta a Verona. Noi non guardiamo ai risultati immediati ma nel tempo, verso una squadra che primeggi per un ciclo, e non siamo pentiti di una scelta, frutto di una lunga e ragionata selezione in Italia e all'estero. Personalmente lo ammiro, per la grande preparazione, l'educazione, la capacità di dialogo con tutti: lo ritengo la persona su cui il Milan può costruire il suo futuro ed anche i tifosi debbono mettersi il cuore in pace”. Questa la «verità» di Silvio Berlusconi arrivato dal cielo, in elicottero, all'ora di pranzo. E' rimasto a Milanello quasi l'intero pomeriggio durante il quale ha confessato, ad uno ad uno, l'allenatore Sacchi, i giocatori rossoneri, il medico e gli altri collaboratori, costringendo la squadra a ritardare la partenza per Sirmione, sede del ritiro alla vigilia della delicata trasferta di Verona. Alla fine ha assolto tutti, con lievi... penitenze, per il clamoroso tonfo di Lecce che ha quasi compromesso il cammino europeo del Milan. Piena fiducia a Sacchi (Capello studia da general manager e non tornerà più in panchina a meno che la situazione precipiti) e alla squadra. “Ho parlato con tutti, e tutti sono convinti che si sta lavorando bene. C'è grande apprezzamento per l'allenatore, la convinzione che il gruppo non è mai stato cosi unito. E' stato un mercoledì stregato non privo di fatti tecnici. Nessuno è esente da errori e faremo tesoro, tutti, della lezione”. Uscire dall'Europa non è importante? “Non siamo già fuori. E il lavoro che stiamo facendo, un lavoro di rifondazione negli atletici, nella filosofia e nell'organizzazione della società che non è completo, non può che portare a risultati positivi. Negli ultimi anni, non si è vinto niente, eppure i nostri tifosi ci seguono: stiamo per annunciare un record europeo in fatto di abbonamenti. Il football non è una scienza esatta, e lo sa anche Sacchi che non mi ha mai deluso ed è pronto a cambiare le sue opinioni di fronte ad un'analisi convincente. Non ci sono dogmi ma fatti umani ed occasioni che lo rendono meraviglioso. Il Milan resta un atto di fede, e noi siamo orgogliosi della nostra diversità”.