Peggio di lei c’è solo l’arbitro ...

di Gianni Brera

Giornata che ispira al Gioânn accostamenti zoologici: Andrea Carnevale "rude castrone indigeno", Preben Elkjær Larsen "il bisontino", Massimo Mauro e Michael Laudrup "autentici masturbatori di grilli", Mario Kempes "animale da gol ottenuti con il ringhio" ...  

Celebrazione memorabile della IV giornata di campionato. Il Napoli si toglie di dosso le ruggini psicofisiche inflittegli dal Real Madrid ed espugna Avellino. La Sampdoria passa a Como su rigore. L’Inter pareggia sul campo del Torino e la Juventus subisce una dolorosa sconfitta a Verona, dove l’arbitro le offre preziosi spunti per non disperarsi più di tanto. Il Napoli passa a pochi minuti dal termine con un gol di Carnevale, il rude castrone indigeno che Bianchi ha sostituito a Careca, elegante ma sterile. Le cronache parlano di Maradona ancor estraneo a un gioco dinamico nel quale non riesce ad entrare. Maradona è indignato con la volubile critica tele-giornalistica, dalla quale sarebbe stato aizzato anche il pubblico. Si chiede se bastino due volgari partite ad alienargli la simpatia e la stima dei tifosi. Ha un po' ragione. Maradona è sulla corda da tre anni. E' scarico di nervi e, data la anomala morfologia, è da supporre che null'altro alimenti il suo genio. Dovrà guarire correndo il meno possibile. Con tutte le riserve avanzate sul conto suo, il Napoli sta per tornare chiotto chiotto in testa alla classifica. Il giudice sportivo gli darà i 2 punti perduti a Pisa e gli consentirà di precedere la Roma, sospesa a quota 7. 

La prima linea del Como:
Stefano Borgonovo, Claudio Borghi e Dan Corneliusson
Per ironia del computer, il Pisa è andato a perdere proprio con la Roma dopo aver inflitto un amaro e ambiguo 1-0 alla squadra campione. Sotto la Roma galleggiano a quota 6 Pescara e Sampdoria, squadre di città marinare. Galeone bordeggia assiduo cogliendo il vento sulle incidenze migliori. Un’autorete più uscocca che slava gli consente di fare en plein. Punito il Cesena aldilà dei suoi demeriti. La Sampdoria ha espugnato il Sinigallia, campo tradizionalmente inospite per tutti. Un mio guardone particolare - il Commodoro - ha espresso il giudizio che la Samp è divertente ma, forse, onorata di troppo credito. Stupore per la pratica latitanza di Mancini, autore della grande impennata sul Verona. Ammirazione per Vialli e fondato sospetto che Boskov sia stato finalmente invitato a conduzioni meno scapate in senso idealistico. Nel Como, desolante incomprensione tattica dell’argentino Borghi, che volutamente ignora i recuperi difensivi. Il mio personale guardone esprime anche dubbi sulla effettiva consistenza tecnico-tattica della Samp e contemporanee certezze sulla nuova condizione del Como, verosimilmente destinato a doversi impegnare per non retrocedere. 

Dal canto mio ho assistito a Verona-Juventus. Le due squadre hanno giocato passabilmente alla pari per quasi mezz'ora. Poi si è reso più temibile il Verona, che al 35' ha ottenuto un rigore. Non ho materialmente visto il fallo che ha indotto l’arbitro Bergamo a punire così duramente la Juventus: mi stavo annoiando un poco e cercavo scampo nella conversazione con un giovane e bravo collega di Tele Arena. Ho poi atteso la TV per giudicare l’arbitro. Mi pare di aver sentito da Carlo Sassi che a stendere Pacione non è stata già l’andata di Brio quanto un astuto "tocco" da tergo dello zelante Tricella. La moviola è una cosa e la panchina o la tribuna un’altra. Marchesi ha perso la flemma di sempre per ringhiare il proprio disappunto. Io ricordo solo il destro omicida di Larsen dagli 11 metri. Fino al rigore, nessuna delle due squadre aveva costruito in modo da poter goleare. Forse per questo ho annotato al 27’: "noia (mia)". Messa sotto di un gol, la Juve è incattivita gettandosi animosa alla rimonta. Un’azione veronese stordente e bella ha finito di illuderla. Era il 2' del secondo tempo: Pacione ha aperto di capa a Berthold ala destra: il tedesco (osservato da Beckenbauer) ha eseguito un ottimo cross di piatto: sul pallone meno alto di un metro è irrotto ciclonico da sinistra il bisontino Larsen il dano: un gran balzo a colpire di esterno destro al volo: inversione di rotta della palla e gol. Qui la Juve ha mostrato buon sangue e pessima vena. L’amico Marchesi ha ragione di ammettere che la squadra l’ha soddisfatto per l’impegno. Moralmente, il giudizio è inappuntabile. Sul piano tecnico, invece, sunt lacrimae rerum. La nuova Juventus è stata valutata da tempo su questo giornale. Solo i suoi tifosi, con l’orgoglio offeso dei Thugs, austeri seguaci della dea Khalì, si sono ribellati al giudizio tecnico. Sono tutta gente amabile quando si valutano realisticamente le sue rivali, ma guai a dubitare della Juventus. Per amore vedono Magrin sostituire degnamente Platini il Grande; per mera devozione esultano ai gratuiti dribblings di Mauro e di Laudrup, autentici masturbatori di grilli. In centrocampo si scavezzano Bonini e De Agostini, i cui limiti sono noti: ma è chiaro che l’impegno non basta né a far gioco né a proteggere la difesa, che è forse grande - per ora - nel solo sversato Porthos Tacconi. In avanti Rush, la povera sparuta Grosse Berthe del Galles, mai una volta servita con decenza: al suo attivo, due sole disagevoli incornate acrobatiche, agevoli invece per Giuliani. Marchesi sostiene - e altri con lui - che la Juventus avrebbe meritato il pareggio. 

Antonio Di Gennaro
Io ho visto Jachini alzare una palla-gol al 10' e Larsen aprire una possibile palla-gol per Berthold, che Cabrini ha steso di sgambetto in area (16'30"). Ho poi assistito al fescennino arbitrale più tragicomico della mia lunga, lunga carriera di guardone pedatorio. Sentite. Magrin batte un angolo al 22' e Brio l’incorna oltre Giuliani: sulla linea di porta è Di Gennaro, che respinge come può. Gli juventini esultano per il gol perché hanno visto la palla entrare. Giuliani effettua la rimessa perché la palla è poi uscita sul fondo. Galia coglie quella rimessa e da sinistra si accentra a battere il tiro del 3-1, che manca di un soffio in diagonale. Intanto gli juventini sono intorno al guardalinee e ottengono che anche l’arbitro lo ascolti. L’arbitro confabula con il suo guardalinee e concede il gol alla Juventus. Solo al 26' (dopo 4’!) riprende il gioco con palla al centro per il Verona. Da questo momento, l’ineffabile Bergamo esce di soppiatto dal suo funereo vestito e ripara fra le nuvole più vicine al buon Dio. Tutto quanto viene perpetrato in area è bellamente ignorato dal fischietto rimasto in terra. La gente veronese s’impressiona e minaccia di contagiare i suoi giocatori. La Juventus esercita un forcing deciso ma impotente. La palla-gol più clamorosa capita a Di Gennaro (30’), che banalmente la sciupa levando troppo l’alzo. Il finale è caotico ma francamente la statistica dà ragione al Verona e torto alla Juventus, due volte sconfitta fuori casa.

Per finire, un cenno alle milanesi. La benamata Inter sta perdendo a Torino, dove il primo dei Ferri indovina un tiro uno-su-mille folgorando Zenga senza mercé. Scifo viene messo fuori perché possa rifiatare. Matteoli trova a sua volta l’occasione del tiro da fuori e uccella Lorieri, incautamente uscito di porta. Pierìn Dardanello su "Tuttosport", accusa apertamente il portiere; Luis Radice sente di doverlo scusare: se abbacchia anche quello, chi fa giocare in porta, il presidente Mario Gerbi? Giovanni Trap prende atto del dono e promette la vera Inter per il tardo autunno. Viva. Il Milan mette sotto l’Ascoli, temibile eversore del Torino. Castagner ammette che l’avversario era troppo forte per lui e i suoi. Arrigo Sacchi invita il tifoso a gioire della vittoria senza guastarsi il palato con i peli insiti nell’uovo fin troppo liscio della tecnica. Viene ammirato un formidabile Gullit, che Sivori giudica a mezzo fra Kempes e Pelè. Kempes era un animale da gol ottenuti con il ringhio. Pelè era un semidio. Gullit vale due Kempes ma il momento della sua apoteosi non è ancora venuto. Se è vero che si chiama apoteosi la cerimonia di divinizzazione. Gullit è solo avviato a scalare le colline pre-olimpiche. Campa cavallo.

"La Repubblica", 6 ottobre 1987