Un campionato senza cuore

di Gianni Brera

"Mortificato" è l'aggettivo ricorrente nel commento di Gianni Brera alle violenze perpetrate dai "facinorosi" negli stadi italiani. E' un calcio che comincia davvero a non piacergli più, troppo lontano da quello che egli aveva narrato, contribuendo a renderlo popolare agli appassionati, tra gli anni cinquanta e settanta. Ficcanti un paio di osservazioni: i "bombardieri finora si sono prodotti solo ai danni di grandi squadre"; "forse è semplicemente una constatazione che esista una vera e propria internazionale del terrore negli stadi: una organizzazione che, facendo a sua volta del terrorismo, tende a destabilizzare la vita civile e politica in Europa".

I miei benigni lettori sanno che mi sono sempre rifiutato alla retorica (tale io la consideravo) della violenza negli stadi: sia perché non ci credevo, sia perché pensavo che, parlandone, regalassimo la patente di protagonisti ai facinorosi: i quali si sarebbero sentiti autorizzati a fare anche peggio. Oggi debbo rifarmi, allarmato, deluso, mortificato a quanto hanno creduto di capire i belgi, processando i delinquenti dello Heysel: che esisterebbe una vera e propria internazionale del terrore negli stadi: una organizzazione che, facendo a sua volta del terrorismo, tende a destabilizzare la vita civile e politica in Europa. L’illazione dei belgi pareva grossa. Forse è semplicemente una constatazione. Fate caso a quanto è avvenuto domenica a S. Siro. Ci è arrivato anche il ventitreenne disoccupato Luigi Sacchi da Vigevano, già diffidato quale sistematico produttore di disordine. L’ingresso allo stadio doveva essergli inibito. Gli ha dato invece la tessera (!) un capoccia del Commandos Tigre. Non è salito all’anello dei supertifosi: ha lanciato il suo bravo petardo dagli spalti bassi: e non lui solo ha fatto centro: anche meglio ha tirato uno che lui conosce, un milanese (?) che poi ha tagliato la corda. Su questi elementi dovrà istruire la propria indagine l’autorità giudiziaria.

Aggiungo da parte mia che m’ha profondamente disgustato il comportamento degli ultras nel vedere steso il portiere della Roma: saltavano come ossessi, al pari di selvaggi in trionfante attesa che finisse la cucinatura dell’esploratore bianco. Ha poi finito di mortificarmi l’uscita della gente per bene, non appena l’arbitro ha potuto ordinare la ripresa del gioco. Anch’io me ne sono andato e con me era Gariney: di tutto abbiamo parlato fuorché di calcio. La partita di San Siro era stata monca. La prudente Roma non aveva attacco e badava a contenere. Il Milan non impostava abbastanza rapidamente per concludere con un po' di agio. Ha colpito una traversa con Gullit (incornata acrobatica) ed ha impegnato Tancredi con il solo Massaro. La ripresa è stata finta. Inutile parlarne. Sui bombardieri, anche questo va detto: che finora si sono prodotti solo ai danni di grandi squadre. Uscendo da Cesena, Larsen ebbe a domandare scherzosamente: "Nessuno mi lancia un sasso?". L’umorismo aiuta a capire più di qualsiasi considerazione seriosa. Ora aspettiamo di rilevare altri lanci. Manca all’appello la magnifica Samp, e ancora la Roma e l’Inter. Poi faremo la conta.

Schopenhauer
Il Napoli conserva il suo vantaggio ottimale. Secondo due diversi osservatori, avrebbe ingiustamente trionfato (si fa per dire) della Juventus. Il primo ha addirittura spropositato che "il Napoli rubò vittoria". Il secondo è del parere che Lo Bello jr. sia stato sottilmente abile nel bistrattare la Juve, certo non più protetta come una volta. Insiste il mio secondo guardone che la Juventus avrebbe potuto buscare tre pappine nei primi 15’, ma poi pian piano si è assestata: l’impiego di Mauro è stato determinante nel bene, e quello di Favero nel male. Maradona ha fatto il pallonetto del primo gol ricevendo un’incornata sbilenca di Favero: per soprammercato, Tacconi ha sbagliato l’uscita. Raggiunto il giusto pareggio da parte della Juventus, Favero ha obbedito a un raptus inconsulto smanacciando la palla che lo stava sorvolando. Maradona ha giocato un quarto d’ora al suo livello, non più. Né l’uno né l’altro dei miei informatori ha tenuto conto del fatto che il Napoli mancava di Bagni e Romano; e che l’aiuto della fortuna è la condizione prima di ogni successo sportivo. Credo invece che Lo Bello jr. ne abbia sì combinate di carine, se è vero che è riuscito a far saltare dai gangheri un uomo tranquillo come Rino Marchesi. Il Napoli naviga a +3 in media inglese; ha perso solo 3 punti sui 22 in palio (meglio dire: non ha colto) e vanta la differenza reti più straordinaria: 21 fatte, 6 prese. Il solo Milan è alla pari con la media inglese (zero) ma scenderà presto a meno 2 per via dei petardieri che ne affliggono gli spalti. La fortuna del Napoli è garantita anche dalle squalifiche appioppate alle punte del Verona. Memorabile per umorismo - nero e pragmatico - l’affermazione di Schopenhauer Bagnoli: "Se debbono togliermi le punte, meglio che lo facciano la domenica del San Paolo" ("dove possono anche non toccar palla"). È chiaro che il Verona ha smesso di dedicarsi al campionato: curerà l’Uefa per vincerla: in campionato cercherà di essere decente. Insegue 8 punti: il Napoli dovrebbe fermarsi a quota 19 (che è pure servito, in passato, a virar di boa per vincere poi lo scudetto). Non si fermerà affatto: procedendo di questo passo, il Napoli si troverebbe a finire le 30 giornate con punti 51,18: quanto dire con il punteggio-record di tutti i tempi.

La Sampdoria gioca e soffre sul campaccio che la sfortuna (e il Comune di Genova) gli hanno propiziato in questo anno fatidico. Stradivialli e Mancini hanno esaltato la leggenda dei dioscuri. L’esile Salsano ha perfino segnato il 2-0. Castagner si è virilmente inchinato ai più forti: per lui, i sampdoriani meglio di tutti. Conciato per le feste il Milan, preso nell’occhio del ciclone terroristico, la Samp rimane per il momento la sola competitrice valida dei campioni napoletani. Più fondati elementi critici avranno coloro che potranno assistere a Juventus-Sampdoria. Allora forse l’ineffabile Ian Rush darà interviste finalmente credibili ai suoi compatrioti astiosi e felli. Potrà verificarle Vierchovood, il bergorusso di Boskov. Avendo sempre guardato al prossimo con le pezze sul culo, gli inglesi non sanno darsi pace di averle anch’essi. E sbavano livore mortificando il ricordo di Mario Appelius. A noi spiace per la Juventus, mica per Ian Rush o per i suoi paesani.

Ramón Ángel Díaz
Ha sorpreso tutti, e molto sgradevolmente i fiorentini, la vittoria dell’Inter a Firenze. L’onesto Trap ha eguagliato il fair play degli inglesi, che - quando vincevano - sapevano sempre dimostrare di averne un mucchio: ha riconosciuto la sfortuna della Fiorentina. Era il giorno del pianto per P.C. Baretti, il mio caro Aristarco Scannabue. Gli ironisti d’occasione hanno rilevato che, morto lui, i suoi tifosi hanno ripreso aire. Baresi I è stato colpito con lancio improprio ma il Trap lo ha dispensato dal fare lazzi di morituro: dato il 2-1, non servivano proprio. E poi, troppo gnocchi sono i lombardi per riuscire in certe manfrine. Il conte Flavio Pontello, lui ha inveito da tifoso che paga contro Diaz e Baggio, falsi idoli ai suoi occhi.

A fare alte le quote dei vincitori in Totocalcio hanno contribuito l’Empoli, il Pisa, il Cesena e il Pescara, delle quali (squadre) diremo. Il Torino è stato uccellato da un tiro su mille. L’arbitro ha indotto i dirigenti torinisti a lagnarsi pubblicamente. Il colpevole sarebbe Gussoni, che gli arbitri bravi e no assegna a questa o quella città. Meno severi con l’arbitro sono stati i dirigenti veronesi, ai quali un pari con il Pisa, dopo la folgorante spedizione a Bucarest, è tornato quasi ovvio. Il Como è stato sottoposto a goleada sul campo del Cesena. Non aveva punte e non poteva sognarsi di far gioco. Agroppi ha messo avanti il piedino garantendo che Borghi non avrebbe fatto la differenza. L’Avellino è caduto a Pescara con onore. Si è visto lottare, questo è il guaio. Quando una squadra perde nonostante l’impegno, segno è che gli avversari le erano proprio superiori e non c’era nulla da fare. Poiché le retrocessioni saranno due, i tifosi dell’Avellino, penultimo, sono preoccupati. E sfido.

"La Repubblica", 15 dicembre 1987