Cronache di ferocia

di Gianni Mura

A rileggere il commento alla domenica di ordinaria violenza del 27 settembre 1987 non solo sembra che non sia cambiato nulla da allora ad oggi, ma anche che l'origine dei problemi apparisse chiarissima già trent'anni fa. Per chi avesse voluto vederla.

Alla terza giornata di campionato ci si ritrova immersi in una cronaca triste e feroce, prima durante e dopo le partite. Milioni di danni, a Firenze, al ristorante di Aldo Agroppi, "colpevole" di aver allenato la Fiorentina e di tornare a Firenze sulla panchina del Como. Aggrediti giornalisti a Genova e a Pisa, non è una novità specialmente a Pisa, dove Romeo Anconetani amministra il suo potere (enorme) con metodi da signorotto feudale. Bar assaltati, sassaiole, arresti, sempre a Pisa e anche ad Avellino, milioni di danni ai servizi (regolarmente distrutti) di una curva, fermata gente con coltelli, un agente di custodia di Rebibbia che spara con la pistola, strano gli si sia usato il riguardo di non pubblicarne le generalità, ma ormai siamo al punto che qualcuno ritiene una precauzione in più, come il maglione o l’ombrello, andare allo stadio con la pistola. Il solito imbecille aggressivo (il guaio è che quasi tutti gli imbecilli sono anche aggressivi) ha rovinato la domenica al Pisa e un pezzo di cranio a Renica: inevitabile lo 0-2 a tavolino, dopo una vittoria meritata sul campo. Ad accendere le polveri l'espulsione di Elliot, propiziata da una sceneggiata di Bagni, che sarà perseguitato dagli arbitri (dice lui) ma qualche volta gli va anche bene.

È inutile dare la colpa a questo o quello, ad Avellino la partita è stata combattuta lealmente, ma gli scontri ormai avvengono "a prescindere", le bande romaniste, lasciato cadere Manfredonia, hanno trovato un altro passatempo. Non c’è più bisogno di provocazioni, con o senza virgolette, di decisioni arbitrali avverse, di rabbie antiche per una retrocessione o un mancato scudetto. I giochi, sui campi, sono tutti da fare. Attorno ai campi, nelle città, intanto si gioca a fare i violenti, sapendo benissimo che non è un gioco.

Una volta di più, ci si accorge di quanto sia inutile predicare ai sordi: le famose "frange" si sono molto ingrossate, sono curve intere, ormai, ma poi non è giusto additare solo la curva, il seme della violenza è cresciuto anche sulle tribune. Le società di calcio, incoscienti prima, nell’incoraggiare e foraggiare gli ultras del tifo, sono adesso impotenti a controllarli: se ne sentivano padrone, ne sono diventate schiave. Le forze di polizia, nel dubbio, sono "casalinghe" come certi arbitri, accalappiano solo quelli che vengono da fuori. Si attende sempre di vedere, come in molti altri paesi, il poliziotto che guarda il pubblico, non la partita, unico modo per prevenire. È umiliante dover concludere che, in questa domenica nera, è andato tutto bene, relativamente. Equivale a dire che si aspetta il peggio, per intervenire. Non bisognerà aspettare molto.

"La Repubblica", 29 settembre 1987